mercoledì 15 luglio 2009

Articolo 21

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria [cfr. art.111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo d'ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.




Egregio Presidente Napolitano, la prego, non firmi!


Papà. Per Sempre.

venerdì 10 luglio 2009

Difesa dell'autodeterminazione


Papà. Per sempre. (immagine copyleft autoprodotta).

venerdì 3 luglio 2009

Paura da riflessioni

Ritorno a scrivere in questo diario dopo un pò di tempo passato a riflettere su alcuni concetti. Ringrazio coloro che hanno lasciato un commento, i quali, hanno contribuito ad alimentare dette riflessioni. Mi sono intrattenuto, anche, nei giorni scorsi nella lettura di altri blog, ed uno di questi, in particolare, mi ha solleticato l'immaginazione a tal punto che mi sono chiesto: "Ma può essere, anche, considerata come azione razzista l'allontamento di un genitore dai propri figli?". Insomma, che si tratti di azioni classiste, post vetero-femministe o maschiliste, di sicuro matriarcali e rivendicative era già fatto notorio, ma questo elemento quant'è nuovo in questi scenari? Credo, anche supportato dalla lettura di molteplici casi, che le cose stiano effettivamente così. Non è molto difficile intuire che l'allontamento non si perfeziona, solo, con il genitore-bersaglio rifiutato dai figli-bersaglio (anche loro, purtroppo, sono vittime della PAS), ma si estende ai restanti membri della famiglia d'origine del/i bersagli. Ciò a voler sottolineare, non tanto, la volontà di spezzare il rapporto genitore-bersaglio/figli-bersaglio, ma ad ammettere la volontà di estromettere da ogni qualsiasi partecipazione (o ingerenza, meglio) ogni "rappresentante" dell'altrui ramo familiare. Se non è razzismo questo, ditemi voi cos'è? E chi permette l'applicazione di questi, manifesti, atti di razzismo può essere considerato come complice connivente?
La seconda riflessione che ho covato è quella relativa, nella fattispecie, alla durezza, alla rudezza o meno di come alcuni punti sono stati trattati. Qui mi riferisco ad alcune osservazioni ricevute, in primis dalla mia carissima amica Salerno-Viterbese Emanuela, in secundis dal mio amico avv.to Pinuccio ed in terzis, ma non di meno importanti, dai commenti ricevuti. La prima mi rimbrotta l'assoluta mancanza di tatto nell'esplicare i fatti per così come avvengono. Il secondo, con aria grave, mi ammonisce del fatto che gli scritti qui presenti siano duri. I terzi, come Giosinoi, plaude apertamente ad un mio post da lui inteso come attacco diretto al Sistema Giudiziario. Ebbene, io scrivo, e nessuno può sapere meglio di me quanto e come scrivo. Io penso che lo "stile" adottato per la stesura di questo blog sia lo stesso che ho utilizzato fin dal primo post. Non credo che esso sia duro, morbido o che manchi di tatto. E' uno stile. Il mio. Punto e basta! Credo anche, caro Giosinoi, che ognuno trovi il proprio metodo per portare avanti la propria battaglia o per esprimere le proprie idee. Potrebbe essere che uno stile asciutto dica le stesse cose di uno stile alquanto verboso no? Potrebbe essere che chi parla con tono pacato, ma grave, attiri maggiormente l'attenzione di chi vuole che l'ascolti? Trovo, senza nulla togliere ai rimbrotti di Emunuela ed ai commenti di Giosinoi, che le osservazioni dell'amico Pinuccio siano più, strettamente, veritiere. Nel senso che egli vi ha scorto il famoso "pugno di ferro nel guanto di velluto". Fra l'altro, giusto per completezza di trattazione, egli era alquanto preoccupato poichè l'intero blog (le sue stampe ndr), per mia esplicita richiesta, sono state allegate ad un fascicolo da depositarsi nella cancelleria del tribunale ove si svolge il "mio" dibattimento. Paventava che, vista la durezza degli interventi, l'adito giudice potesse prendere una "deriva" diversa da quella sperata. Beh, che dire? Nulla? No, no! Che nulla? Che vuoi che capisca Pinuccio? Che l'accuso di aver avuto due pesi e due misure? Ma certo che l'accuso, che diamine! Ha emesso un decreto d'urgenza (lo stesso giudice che l'ha omologato è anche presidente del tribunale ndr) e non riesce a farlo rispettare? Cioè lo fa rispettare, al sistema giudiziario connesso e connivente, ogni qualvolta che mi viene perpretrata una querela, una denuncia, una richiesta di giudizio, un rinvio a giudizio, il pignoramento della macchina, l'indagine sulla situazione patrimoniale, il tentativo di sottrarmi la patria potesta (a suon di cazzate!), di indagini giudiziare sulle numerazioni telefoniche a me in uso, di querele ai miei genitori, di atti di immorale e stupida vendetta nei loro confronti, di bugie da portare in tribunale e non riesce a rendere efficace quello stesso provvedimento nelle parti in cui di dice che io devo stare coi ragazzi? Insomma Pinuccio, ma certo che glielo faccio capire! Non è una mia colpa se non ci riesce. E' IL giudice, e, come tale non ha poteri tali da far rispettare una sua decisione? E' davvero necessario proporre ricorso in tribunale, ex art. 709ter, perchè lo stesso provveda (se mai lo farà), attraverso l'emanazione di una nuova sentenza, a rimarcare quanto aveva già emanato in precedenza? Che paradosso!
Un'altra riflessione che ho fatto in questi giorni è legata ad un mio post precedente. Ho idealizzato, ove fosse necessario, che è realtà la discriminazione di genere nei confronti dei padri separati, che non solo è manifesta con azioni tesi alla fisica emarginazione (per nulla al mondo smetterò di credere che i figli non vogliano stare coi loro genitori) del padre quale figura impegnata a crescere i figli, ma spesso, come succede in occasioni simili, con modi di dire e affermazioni che, di fatto, regalano allo stesso padre un ruolo, spesso, lontano dalla realtà. "Papà se n'è andato" o "Tu CI hai lasciato" per citarne alcuni. Ciò, spesso, a causa del fatto che sono ancora i padri a dover lasciare la casa coniugale. Si contribuisce così a creare il falso mito dell'abbandono. Nella realtà per ogni padre che lascia, volontariamente, una famiglia ve n'è sono, come minimo, due-tre che vengono estromessi dalla stessa. Ad affermare l'assunto che precede non sono solo i genitori separati ma sempre più operatori del sociale, della psicologia, dell'educazione e dell'insegnamento. Non so se è un dato rilevante, ma la maggior parte di questi operatori, sono donne! Un esempio? Quello che segue è il commento che un'insegnante ha mandato recentemente a un padre separato dopo la pubblicazione su YouTube (commento sul sito) di un suo video. Lo riporto così come è stato scritto: «Lavorando a scuola, sono un'insegnante, ho frotte di bambini (età 11/13 anni) con genitori divorziati, separati, monogenitori o plurigenitori. Tra i bambini ricorre spesso una frase: "Papà è andato via da casa". Una volta mi sono fermata a riflettere con una mia collega su questa espressione e le ho detto: "Sarebbe più giusto insegnare ai bambini che le mamme cacciano via da casa i papà, e che, a volte, non sono i papà ad andarsene spontaneamente". Nella mia esperienza scolastica resto convinta che certi bambini sarebbe meglio affidarli al padre, piuttosto che a donne isteriche, inc...te col mondo intero, sconfitte dai loro stessi sentimenti d'odio che trasmettono stress e dolore anche ai figli. Una volta un bambino di 13 anni mi ha detto: "Quando divento grande ammazzo mio padre". Sono rimasta a parlare con lui e a fargli capire che era più importante aiutare la mamma che odiare il papà. Purtroppo la legislazione italiana, al contrario di quello che avviene in altri Paesi, privilegia esclusivamente le madri, come se l'educazione dei figli ricadesse solo sulle donne e non fosse anche un dovere maschile, da uomo, da padre. In una famiglia, anche se divisa, le gioie e i doveri dovrebbero essere sempre condivisi. Luciana M.» Grazie Luciana M.!
Mi permetto, anche considerata la lunghezza del post, di esplicare una ulteriore riflessione. L'addebito della separazione! Che roba è? In cosa consiste? Qual'è il fine ultimo? Ha una giustificazione l'emanazione di una sentenza di addebito stante il fatto che verranno riconosciuti, comunque, gli alimenti alle ex? O altro non è che il rilascio di una, Pirandelliana, patente che riconosca una sorta di status di cornuto/a, manesco/manesca ecc. ecc. alla parte soccombente? Ma come? La risposta potrebbe risiedere, possedendo cognizioni in tal senso, che vi siano interessi maggiori rispetto alle necessità dei contendenti. Vi sono in ballo un bel mucchietto di danaro, in parole spicciole, e che, di conseguenza, ogni querulato appiglio sia come manna dal cielo. Gli altri Stati europei ci hanno insegnato che la richiesta di assegni più o meno congrui dovrebbe apparire sempre poco opportuna, specialmente, quando non sono coinvolti i figli, perché questi non ci sono o sono già adulti. E se ci sono i figli, e questi sono minori, a "mantenerli" sono in due!
Se attendo alla mia età, alla mia maturità ed al, relativo, possesso delle dovute cognizioni di causa mi viene da promuovere il principio secondo il quale la separazione ed il divorzio altro non sono che tappe per la riappropriazione affettiva ed economica da un'altra persona. Quindi, nessuno uomo o donna che sia, dovrebbe avanzare per sè stessa alcunchè dall'altro. Ciò in considerazione che in (costanza di) matrimonio esiste l'obbligo di autosostenersi economicamente. Anche se c'è qualcuno che s'adagia sugli allori! Solo affermando il principo espresso innanzi sarà possibile garantire quell'equità ed onestà intellettuale posta a fondamento di un sistema giudiziario funzionante. Finalmente tutti uguali di fronte alla legge?
Papà per sempre.

Agonia di un genitore!


Se credi che il dolore di averli fatti nascere sia disumano, prova a vivere, anche solo per un'attimo, senza di loro dopo la separazione.

Papà. Per sempre.